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Conflitti e separazioni: cosa succede quando chi dovrebbe aiutare è il primo ad avere bisogno d’aiuto?

Operare come mediatori o counselor richiede sensibilità e competenza ma soprattutto consapevolezza su se stessi e il proprio vissuto familiare e relazionale.

Foto: Pexels.com

Dolore e rabbia sono la superficie del problema

Giudicare, dare la colpa, sentirsi superiori o inferiori, temere di non essere mai abbastanza, fare paragoni, sentirsi incompresi, escludere, allontanare, ecc. sono forme mentali, modalità automatiche e inconsapevoli di interpretare e agire nella propria realtà che fanno esplodere i conflitti tra le persone e li alimentano. Sono sovrastrutture – culturali, familiari, frutto del proprio vissuto – che inquinano i processi mentali ed emotivi degli esseri umani allontanandoli dal proprio vero Sé, generando sofferenza.
Il rancore e la rabbia associati a questi schemi disfunzionali non sono altro che la manifestazione visibile del dolore profondo per la perdita della felicità relazionale, coniugale o genitoriale. Affinché una coppia possa abbandonare la conflittualità e avviarsi verso una positiva riorganizzazione del sistema familiare e del proprio percorso esistenziale è necessario innanzitutto che i protagonisti prendano coscienza di essere immersi in quelle forme mentali, in quegli automatismi negativi.  Successivamente si può procedere a indagare l’origine profonda della problematica che è in parte o totalmente sconosciuta a loro e, spesso, anche al professionista a cui si sono rivolti.

Foto: Slobodan Josic / Pexels.com

Il peggior rischio sulla strada del professionista nelle relazioni d’aiuto

Non è affatto raro che proprio il mediatore, counselor o qualsiasi altra figura professionale analoga sia inconsapevole riguardo ai suoi stessi processi mentali ed emotivi. In questa situazione, se l’operatore custodisce inconsapevoli nodi irrisolti a livello familiare o relazionale, sarà spinto dal proprio inconscio a ricercare nella vicenda che ha di fronte una soluzione per se stesso.  In pratica, si “usa” il caso del cliente per risolvere una propria problematica, senza rendersene conto. Questo accade perché l’inconscio si rispecchia nelle situazioni altrui che mostrano similitudini con quanto di irrisolto giace nel proprio vissuto. In questo modo, la relazione d’aiuto subisce una distorsione che complica, o addirittura pregiudica, l’approdo a una soluzione positiva per il cliente.

Foto: Pexels.com

Continuare sempre ad imparare e a mettersi in discussione

Questa è la chiave per evolvere e per comprendere.
Sentirsi “arrivati” come professionisti è il viatico migliore verso la stasi interiore e la fossilizzazione dei propri talenti. Le due sessioni che compongono il modulo formativo Mediazione e Riconciliazione nei conflitti di separazione offrono al professionista la possibilità di verificare il livello di coscienza in merito al proprio vissuto familiare e personale per poi acquisire strumenti preziosi per approcciare, indagare e individuare possibili soluzioni utili ai propri clienti.  La didattica, innovativa e fortemente orientata all’esperienza pratica, è basata sul metodo delle Costellazioni Familiari che rappresenta il sistema di riferimento tecnico e concettuale della formazione.
Accompagnare le persone verso un’esistenza più fruttuosa, libera dal rancore e dalla rabbia richiede di essere costantemente disposti a verificare e arricchire le proprie competenze per nobilitare e valorizzare il proprio ruolo di professionista.

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Formazione Professionale: prossimi eventi

2019-05-30T11:26:58+02:00
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